L'Amore, sentimento fonte di gioia e di vita, ci può far stare male.
Quando una persona che amiamo ci abbandona, soffriamo enormemente,
sentiamo come se ci venisse strappato via il cuore, non sentiamo più il
piacere per le cose della vita e, a volte, neanche più il dolore. Nulla
ci da gioia e nulla ci da tristezza. Abbiamo la bocca troppo amara per
sentirne i sapori. E' come un lutto: serve tempo attraverso il quale il
dolore si possa trasformare. In molte situazioni, tuttavia, questa
sofferenza stagna e si rimane bloccati per anni a vecchie storie
d'amore, si rimane depressi, senza energia. Cosa ci succede? Entriamo in
un labirinto buio: una parte di noi è lì che vuole restare, perchè
attraverso la sofferenza stiamo ancora con la persona che sentiamo di
amare: sentendo quanto ci manca, siamo con lei. Questo amore è una
droga: ci fa male, ma ci piace e lo vogliamo. Un'altra parte di noi
desidera uscire dal labirinto, ma ha paura. E' il terrore di ciò che
trova fuori il labirinto: rimanere soli con la propria fragilità ed il
proprio vuoto esistenziale. Alcuni miei pazienti, che soffrono di mal
d'amore, mi chiedono di aiutarli a liberarsi da questa dipendenza
eccessiva, ma, allo stesso tempo, ciò che vogliono veramente è stare,
attraverso la terapia, con la persona che sentono di amare. Essi
riempiono il vuoto attraverso il ricordo, alimentando la mancanza,
l'idealizzazione e l'attenzione all'Altro e non a Sé. La domanda
ricorrente che mi è posta è: Cosa devo fare?, insieme ad affermazioni:
Voglio morire, senza di lui (o di lei) non posso vivere. Ritengo che in
questi momenti di grossa sofferenza sia importante donare un po' di
attenzione a se stessi e porci la domanda: Cosa veramente sta succedendo
nella nostra mente, nel nostro corpo? Qual è il processo che ci ha
condotto a quest'amore e a questa sofferenza? Si desidera la persona
amata e soprattutto essere da questa desiderata perché è solo in questo
modo che ci si sente valorizzati e confermati. E' il solo modo che si
conosce per sentirsi bene con se stessi. E' fondamentale riflettere sul
significato che l'innamoramento ha avuto, qual è stata la sua funzione.
Per chi soffre di dipendenza affettiva (di mal d'amore), l'innamoramento
rappresenta l'evitamento (una fuga) di quelle esperienze spiacevoli di
inutilità, di depressione e di rabbia impotente sperimentate nelle prime
fasi della vita. E' il sostegno di un vuoto ed esprime, quindi,
l'intenzionalità di superare quel vuoto non attraverso se stessi ma
attraverso un sostegno esterno: l'amato. Infatti il senso di vuoto
sembra scomparire quando ci si innamora ed ancora il senso di vuoto
ricompare quando l'innamoramento volge al termine. Tale vuoto risale al
primo amore: al rapporto con le figure genitoriali. Se le figure
genitoriali non sono sufficientemente calde e confermanti, il bambino
trasforma i vissuti dolorosi in pensieri distruttivi per sé e le
relazioni che andrà a costruire . Per paura di soffrire, man mano che
cresce eviterà situazioni intime per non sentirsi ferito e deluso.
L'innamoramento rappresenta, in questo caso, la ridecisione di amare che
si poggia su un inganno: adesso riuscirò finalmente ad ottenere l'amore
che non ho mai ottenuto. E l'illusione di ricominciare daccapo e di
sperare in un finale diverso. L'innamoramento ci dà l'illusione di
superare un vuoto, ma siamo soltanto noi che possiamo riempirlo
attraverso l'elaborazione interiore (e non un sostegno esteriore).
Quando una persona si innamora si dice che è cambiata, ma quando questo
innamoramento finisce riaffiora la sua vecchia personalità. Il
cambiamento reale è crescita che si sviluppa attraverso una reale
comprensione e consapevolezza di se stessi e non dipende da un'altra
persona. Una persona è cambiata quando è più forte e più autonoma.
L'amore pieno e gioioso parte da se stessi. Se non sentiamo di avere
sufficiente amore di noi stessi, abbiamo una bassa autostima. Cosa
dobbiamo fare? Iniziare a donare attenzione a noi stessi, riflettendo
sui propri meccanismi. Scegliamo di darci credito provando ad
ascoltarci. E se da soli non riusciamo a fare ciò, compiamo una scelta
di umiltà e di generosità verso noi stessi: siamo umili, chiediamo aiuto
ad uno psicoterapeuta. Attraverso la psicoterapia, entriamo in contatto
con il dolore, con il nostro vuoto esistenziale vivendo fino in fondo
il bruciore di sentirsi esclusi e rifiutati. Senza questo processo ogni
cambiamento sarà illusorio e rischiamo che stiamo meglio soltanto quando
ci innamoriamo di un'altra persona, quando siamo totalmente dipendenti
da un'altra persona e la storia si ripete. Il vuoto rimane perché è
evitato e non riempito.
Flavia Morfini